I Basidiomiceti, con la loro tipica forma a ombrello che suscita ricordi infantili di fiabe popolate da elfi e gnomi, sono i classici funghi degli ambienti boschivi. Presentano un gambo più o meno sviluppato, ora semplicemente cilindrico, ora ingrossato oppure rastremato alla base, a volte anche ondulato o sinuoso e talora appiattito, in qualche caso prolungato nel terreno con un micelio di varia lunghezza. La superficie può essere liscia, rugosa, fioccosa, venata, striata e così via. All’interno è solitamente pieno, ma non sono rari i casi in cui appare totalmente cavo o lacunoso. Talora la porzione basale è avvolta da una volva membranosa di varia consistenza: si tratta di un residuo del velo generale che avvolgeva il fungo negli stadi più precoci del suo sviluppo. Il velo può lasciare le sue tracce anche nella parte medio-superiore del gambo, sotto forma di un anello di vario sviluppo e vistosità, in molti casi destinato a dissolversi in breve tempo.
È importante osservare anche l’inserzione tra il gambo e il sovrastante cappello: può essere completamente centrale, più o meno eccentrica e in rari casi del tutto laterale.
Durante lo sviluppo del fungo la forma del cappello è soggetta a una forte variabilità, tanto da potersi presentare inizialmente globosa e a completa maturità più o meno concava e anche imbutiforme. Nelle fasi avanzate è bene osservare se la parte centrale del cappello, detta disco, sia piana, leggermente incavata od ombelicata, oppure estroflessa in una protuberanza ora appuntita, ora tondeggiante, denominata umbone. La superficie può essere liscia, ondulata, striata, ricoperta da squame di varia grandezza, lacerata, con aspetto lucido, vischioso, oppure secco e granuloso.
Il margine è di solito intero, ma in molti casi si presenta sinuoso.
Nella parte inferiore del cappello si sviluppa l’imenio fertile, che può essere formato da lamelle o tubuli. L’osservazione delle lamelle è molto importante per riconoscere i funghi. Occorre annotare il colore, l’altezza, lo spessore, il profilo, la fittezza, la presenza di eventuali biforcazioni o interconnessioni, oppure di brevi lamellule intercalate. Un altro indizio è fornito dal tipo di inserzione tra le lamelle e il gambo. Le prime possono essere affatto aderenti, oppure variamente annesse, attaccate con un piccolo uncino e anche decorrenti, talvolta molto ampiamente, sulla superficie del gambo. I tubuli, caratteristici delle Boletacee e delle Poliporacee, danno origine a una formazione spugnosa e si aprono all’esterno con i pori. Anche in questo caso ci sarà di aiuto osservare il tipo di inserzione con il gambo, ma non meno importanti sono la lunghezza e il diametro dei tubuli, nonché la forma dei pori (circolare, oblunga e anche poliedrica).
Tra i Basidiomiceti un’eccezione è rappresentata delle famiglie delle Fallacee, delle Clatracee, delle Licoperdacee e delle Sclerodermatacee. Nelle prime due l’imenio riveste semplicemente la superficie esterna, mentre nelle ultime (comprendenti anche le comuni vesce) è contenuto all’interno di un corpo globoso o piriforme, rivestito da un tegumento rigido, denominato esoperidio. A completa maturità il corpo fruttifero si apre nella parte superiore per lasciare fuoriuscire un’enorme quantità di spore che si dissolvono nell’aria come volute di fumo.
Gli Ascomiceti presentano raramente una netta distinzione tra gambo e cappello, e comunque non hanno mai la tipica forma a ombrello dei Ba-sidiomiceti “classici”. Nelle Morchellacee e nelle Elvellacee possono essere distinti uno pseudogambo e uno pseudocappello, che tuttavia nel primo caso è globoso e alquanto alveolato, mentre nel secondo ha una forma alquanto irregolare, sinuosa o a sella. Altre specie hanno semplicemente l’aspetto di una piccola coppa di consistenza talora gelatinosa, sulla cui superficie interna si forma l’imenio. I ricercatissimi tartufi sono Ascomiceti ipogei a forma di tubero e le loro spore maturano nella parte interna del corpo fruttifero.